Una cinquantina di uomini e donne del Pd hanno compiuto gratuitamente i traslochi per gli sfollati del Morandi e da lì è nata la chat di pronto intervento “Invexendo democratico”

da La Repubblica, ed. Genova del 5 agosto 2019

Hanno noleggiato furgoni, messo a disposizione le proprie auto, ma soprattutto le proprie forze: sono una cinquantina di uomini e donne del Partito democratico che, senza alcun logo di partito che li contraddistinguesse, hanno compiuto gratuitamente i traslochi per un centinaio di sfollati del ponte Morandi, da ottobre a maggio. Lo hanno fatto in silenzio, lontano dai social, lontano dalle telecamere e dai comunicati stampa, e solo perché alcuni sfollati hanno cominciato a raccontarlo, sono usciti allo scoperto, a un anno dal disastro e a tre mesi dall’ultimo ingresso nelle case di via Porro. Che, nel frattempo, sono state demolite.

L’unico social usato è stato WhatsApp, con cui hanno composto una chat, tra i volontari. Inizialmente vi partecipava una ventina di persone, poi i nomi hanno cominciato ad aggiungersi e il gruppo ad allargarsi. La chat si chiama “Invexendo democratico” e dopo l’aiuto alle famiglie sfollate non è ancora stata chiusa, perché è diventata la chat di “pronto intervento” dei volontari del Pd:

«Funziona benissimo, ci serve per tenerci in contatto – spiegano alcuni volontari – e anche adesso sappiamo che se qualcuno scrive lì sopra, siamo pronti a muoverci tutti, nel giro di pochissimo tempo, dove occorre».

Dall’ottobre 2018 all’inizio di maggio 2019, per cinque volte gli sfollati di via Porro sono potuti entrare nelle loro case, e prendere ciò che potevano. Il Comune aveva messo a disposizione il capannone del Bic di Campi per stoccare gli scatoloni degli sfollati.

I “facchini democratici” sono partiti da qui:

«Ci trovavamo al Bic, con i mezzi che riuscivamo a recuperare e ci mettevamo a disposizione delle persone che avevano bisogno di qualcuno che trasportasse le loro cose dal deposito alla nuova casa», dicono alcuni volontari.

Alla Festa dell’Unità dello scorso anno è nata l’idea di fare qualcosa, ma in sordina:

«Durante una cena di raccolta fondi per le persone coinvolte dal disastro del Morandi, con Maurizio Martina, a Pontedecimo, abbiamo cominciato ad organizzare quella che è diventata un’iniziativa operosa e silenziosa e di cui sono molto orgoglioso, perché questo deve essere il nostro modo di fare politica», conferma il segretario genovese del Pd, Alberto Pandolfo.

La macchina ha cominciato a mettersi in moto, il tempo dei dibattiti è stato scavalcato da quello del fare.

«Abbiamo deciso di sostenere le spese dei mezzi ed è subito nato un gruppo di volontariato che non si è più sciolto», aggiunge Pandolfo.

A fare i traslocatori si sono mobilitati oltre un centinaio di persone, alternandosi militanti, membri della segreteria – come Fabio Gregorio e Roberta Grasso che è stata la “segretaria” del gruppo, e che organizzava i turni di lavoro – e consiglieri municipali, comunali e regionali, ma non solo:

«Con il passare dei mesi, diffondendosi la voce che stavamo facendo questa operazione di supporto, hanno cominciato ad unirsi al gruppo dei “facchini democratici” anche persone non iscritte al Pd, che volevano semplicemente dare una mano – dice Pandolfo – questa esperienza ci ha rafforzato nella convinzione che comunità, unità e umiltà devono essere i nostri parametri di lavoro».

Un parco mezzi di tutto rilievo, quello dei “facchini democratici”: con i denari raccolti alla Festa dell’Unità è stato possibile noleggiare per cinque giorni un furgone, inoltre sono stati utilizzati otto mezzi privati, tra auto e piccoli furgoni. Solitamente, i traslochi venivano svolti al sabato e alla domenica, in maniera concomitante agli ingressi alle case da parte degli abitanti che le dovevano svuotare.

«Non dicevamo a quale partito apparteniamo, qualcuno ci ha chiesto chi fossimo e noi lo ammettevamo. Non volevamo apparire, non volevamo portare insegne o dare un marchio a qualcosa che abbiamo fatto in silenzio, solo per rispetto di queste persone, del disastro che sono stati costretti a vivere e perché la politica deve tacere e lavorare, davanti a una tragedia così», spiega uno dei “facchini democratici”.

Michela Bompani

L’INTERVISTA

Renato Calcagno “Dalle focaccette di Crevari agli scatoloni su per le scale”

di Michela Bompani

«Guidavo il furgone e poi abbiamo fatto tante di quelle scale. Abbiamo sottovalutato le scale»: sorride Renato Calcagno, uno dei “facchini democratici” che hanno aiutato molte famiglie sfollate a traslocare.

“Renatone”, come lo chiamano quelli del Pd, è il re delle focaccette di Crevari. Alle feste dell’Unità è lui il perno dello stand. L’anno scorso, però, non ha caricato la friggitrice e si è anche tolto la maglia del Pd, pur di dare una mano a “quelli del Morandi”, come li chiama lui.

Militante dalla culla, «mio padre, ex partigiano, mi ha iscritto al Pci appena nato», Calcagno, 69 anni, è iscritto al circolo Pd di Fabbriche, a Voltri.

Signor Calcagno, come vi è venuto in mente di fare i traslocatori volontari?

«Tutto è nato in una riunione nella sede del partito, a Genova: ci siamo messi a pensare cosa potevamo fare per dare una mano. Subito, una ventina di persone ha dato la loro disponibilità per aiutare le persone sfollate a fare i traslochi. In breve, siamo diventati cinquanta».

Quanti traslochi ha fatto?

«Più di un centinaio. Partivamo dal Bic, portavamo le casse nelle nuove case, a Sestri, Quarto, Certosa, al Righi. Doveva esserci roba leggera, dentro quegli scatoloni. Mica tanto. Mi ricordo un divano letto che mi ha distrutto la schiena. Cominciavamo alle 8 finivamo alle 18. Lo abbiamo fatto con passione».

Perché non avete raccontato nulla, finora?

«Non eravamo lì per fare propaganda. Non avevamo simboli del Pd. Non volevamo venisse strumentalizzata una cosa importante».

E adesso?

«Andremo a Gorgonzola, a friggere focaccette, e raccogliere fondi per il centro per la Sla di Arenzano».